Fibrillazione atriale: una patologia cardiaca da non sottovalutare

Esperto Bianconi Leopoldo • Cardiologo

La fibrillazione atriale è la più comune delle aritmie cardiache: colpisce circa il 5% delle persone sopra 65 anni. La sua incidenza aumenta con l’avanzare dell’età, può comparire anche in persone senza malattie cardiache ma è frequente in cardiopatici e pazienti con ipertensione arteriosa.

All’improvviso ho sentito una sensazione di frullio nel petto, poggio una mano sul mio cuore e lo sento battere all’impazzata, faccio dei respiri profondi, ma non cambia niente, cerco di tranquillizzarmi ma non ci riesco, mi sento un po’ debole e frastornato. Aspetto un po’, ma la spiacevole sensazione non passa, per questo mi sono rivolto a lei, dottore”.

Questo mi ha mi ha riferito recentemente un signore di mezza età, che seguivo da tempo per un’ipertensione arteriosa quando mi ha telefonato chiedendomi di essere visitato urgentemente. E’ bastato palpare il suo polso, che risultava molto accelerato e irregolare per fare subito la diagnosi, confermata dal successivo elettrocardiogramma. “Lei ha una fibrillazione atriale: niente di drammatico, però dobbiamo occuparcene subito”.

Nel caso citato sopra, il signore ha avvertito chiaramente l’aritmia e si è subito rivolto al medico, ma ciò non sempre accade. L’aritmia può anche provocare sintomi diversi (affanno, dolori al petto, o anche semplice malessere indefinito), oppure essere totalmente asintomatica. Potremmo persino ritenere fortunato un individuo che non ne accusa i disturbi, ma non è così: l’aritmia, lasciata a se stessa, può essere molto pericolosa.

 

La fibrillazione atriale: cos’è, quali problemi comporta.

 

Normalmente la contrazione del cuore è causata da un’onda elettrica che si propaga gradualmente nel muscolo cardiaco, dall’alto verso il basso. Ciò fa contrarre il cuore ordinatamente: prima gli atri e poi i ventricoli, facendo scorrere il sangue in tutto il nostro corpo. Il battito cardiaco è ritmico in quanto un impulso elettrico regolare origina in un punto preciso dell’atrio destro e si propaga poi a tutto il cuore seguendo delle vie elettriche specifiche (figura).

Nella fibrillazione atriale, invece, gli atri sono percorsi da un’attività elettrica totalmente disorganizzata che invia ai ventricoli dei segnali veloci e irregolari. Questo comporta un funzionamento anormale del cuore: gli atri smettono di contrarsi normalmente e i ventricoli battono in maniera veloce e irregolare.

Il cuore quindi “lavora male”, come un motore mal regolato e la sua capacità di pompare il sangue si riduce di circa il 20%.

Inoltre, la frequenza cardiaca elevata, a lungo andare, può danneggiare il cuore, indebolendo la sua capacità di contrarsi (come si danneggia un motore che venga tenuto costantemente, anche in folle, al massimo dei giri) fino a causare una insufficienza cardiaca.

Tuttavia l’aspetto più pericoloso deriva dal fatto che gli atri non si contraggono normalmente. Il sangue, quindi, ristagna al loro interno e può provocare una coagulazione anomala del sangue stesso: la formazione cioè di trombi (grumi solidi di sangue).

Il trombo in genere si forma in una piccola cavità dell’atrio sinistro, chiamato auricola. Finché rimane lì, aderente alla parete dell’atrio, non dà alcun problema. Se invece all’improvviso si stacca (embolo), va in circolo e spinto dal flusso sanguigno, può raggiungere il cervello dove, ostruendo un vaso cerebrale, provoca un improvviso arresto di flusso sanguigno ad una parte del cervello stesso (ischemia cerebrale).

A seconda della parte interessata, ciò può provocare disturbi molto anche gravi come gli ictus (cioè “colpo”): disturbi della parola, della vista, della comprensione, del movimento degli arti.

Alcune volte il disturbo neurologico è passeggero, ma in circa la metà dei casi lascia esiti permanenti e talora porta alla morte.

L’embolia cerebrale non è una evenienza frequente ma nemmeno trascurabile: si calcola che si verifichi in circa 5 persone su 100 con fibrillazione atriale per ogni anno. Il rischio è più basso in persone più giovani e con cuore normale, mentre diviene elevato negli anziani e in presenza di malattie cardiache.

La fibrillazione atriale è quindi un nemico insidioso e talvolta subdolo, che va conosciuto, poi riconosciuto (scovato, se si nasconde) e combattuto. Oggi abbiamo tutte le armi per farlo.

 

Fibrillazione atriale: diagnosi

 

La diagnosi di fibrillazione atriale viene effettuata dal medico, tramite un elettrocardiogramma.

Possiamo comunque accorgerci della presenza di fibrillazione atriale semplicemente “prendendoci il polso”, cioè palpando con due dita il nostro polso o l’arteria carotide al collo.

Quindi se avvertiamo palpitazioni, fastidio al petto, affanno o malessere inspiegabile, misuriamoci i battiti del polso. Se sentiamo che sono irregolari soprattutto se accelerati, rivolgiamoci subito al medico senza perdere tempo. Un elettrocardiogramma permetterà di fare la diagnosi.

Il tempo è importante, perché se la fibrillazione atriale è insorta da poco (meno di 48 ore) può essere interrotta rapidamente ed in maniera semplice,
con un farmaco o effettuando una cardioversione elettrica (una scossa elettrica applicata sul torace, nel corso di una brevissima anestesia).

Se la fibrillazione dura da più tempo o la sua insorgenza non è determinabile (come può succedere nei casi in cui non provoca sintomi ed è rilevata occasionalmente) sarà necessario accertare che non si sia già formato un trombo negli atri effettuando un ecocardiogramma trans-esofageo: si tratta di un esame, non sempre facilmente disponibile, che attraverso una sondaintrodotta nell’esofago (come nella gastroscopia), consente di individuare eventuali trombi nel cuore.

 

Terapia e farmaci per la fibrillazione atriale

 

È impossibile descrivere in breve quale trattamento è necessario in caso di fibrillazione atriale.

La terapia dipende da moltissimi elementi quali:

  • il modo di presentazione dell’aritmia,
  • la sua durata,
  • la presenza o meno di fattori predisponenti,
  • la presenza o meno di cardiopatia.

 

Generalmente si possono seguire diverse strade:

  1. interrompere l’aritmia,
  2. prescrivere farmaci per evitarne la recidiva,
  3. accettare la presenza della fibrillazione ma agire per evitarne le conseguenze.

 

In quest’ultimo caso bisognerà rallentare la frequenza cardiaca e soprattutto, ridurre il rischio di embolie prescrivendo farmaci appositi, chiamati anticoagulanti.

Gli anticoagulanti sono farmaci che riducono la capacità del sangue di coagularsi, quindi di formare trombi, come abbiamo visto può accadere nel cuore quando si verifica una fibrillazione atriale.

Ovviamente, farmaci di questo tipo aumentano la possibilità di sanguinamento, ma se ben utilizzati, questo rischio è trascurabile rispetto alla protezione che offrono da un possibile danno cerebrale. Fino a pochi anni fa gli unici farmaci di questo genere disponibili erano il Coumadin e il Sintrom. Purtroppo la loro azione anticoagulante non solo è molto variabile da una persona all’altra, ma varia anche nel tempo ed è influenzata dall’alimentazione e dall’assunzione di molti farmaci.

Di conseguenza, il loro effetto sulla coagulazione va misurato frequentemente, effettuando un apposito esame del sangue (INR) e la loro dose giornaliera va aggiustata dal medico in base al risultato. Tutto ciò non è semplice ed esistono centri appositi che si occupano di seguire chi effettua tale terapia.

Negli ultimi anni sono però divenuti disponibili nuovi farmaci (i Nuovi Anticoagulanti Orali), che non solo sembrano essere più efficaci, ma hanno il vantaggio di avere una azione stabile e, non essendo influenzati da cibo e altre medicine, non necessitano di controlli ematici frequenti.

In conclusione: la fibrillazione atriale è una condizione patologica da non sottovalutare. Il suo trattamento non è univoco, spesso complesso e da adattare al singolo paziente. Solo un cardiologo esperto sarà in grado di gestire il problema nella maniera migliore.

 

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